NELLA MENTE DI UNO STALKER E NELLA VITA DI UNA VITTIMA
Comportamenti reiterati di minacce o molestie che procurano un grave stato di ansia e di paura, che muovono l’dea che esista un pericolo per la propria o altrui (familiari, amici) incolumità sono definite dalla nostra legislazione reato di stalking. Tali intimidazioni costringono la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. Lo stalking è un reato che può essere commesso da chiunque, conoscente o no, ed è entrato a far parte dell’ordinamento penale italiano mediante il d.l. n. 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009) che ha introdotto all’art. 612-bis c.p., reato di “atti persecutori”. Il termine stalking deriva dall’inglese to stalk che si traduce letteralmente con l’espressione “fare la posta”. Poiché lo stalker è ritenuto pericoloso non solo per la vittima principale ma anche per tutte le persone a lei/lui intorno, la legge prevede l’estensione della protezione anche a quanti sono legati da rapporti di parentela o da relazioni affettive.
Chi è lo stalker?
L’autore di tale reato è un uomo o una donna ossessionato/a dalla sua vittima e si convince di poter avere con lei/lui una qualsiasi relazione affettiva, di poter essere amato/a e di amarlo/a. Questo lo conduce a mostrare attenzioni eccessive e reiterate sia in assenza di incontri diretti, attraverso l’invio di regali, buste, messaggi, e-mail, video a sfondo sessuale o minaccioso che attraverso aggressioni verbali o fisiche con invii di baci, apprezzamenti eccessivi, sguardi insistenti, ecc. Diviene quotidiano il pedinamento della vittima, il controllo dei suoi movimenti, delle sue amicizie, le telefonate intimidatorie e i messaggi. La vittima vive la paura che ogni suo movimento sia scrutato e teme che qualunque sua azione, come non rispondere alle sue chiamate, possa muovere violenze ancora più pericolose; così, spesso questa “relazione” malata si protrae per mesi o anni generando nella vittima attacchi di ansia e/o di panico, evitamento delle situazioni sociali e private, e in generale disturbi psicopatologici. Affinché la legge possa intervenire nella protezione della vittima e considerare, quindi, gli atti persecutori non è necessario che il responsabile sia fisicamente presente ma è sufficiente che provochi un danneggiamento emotivo e psicologico nella vittima; che chiaramente può essere mosso anche a distanza attraverso chiamate, sms, messaggi su WhatsApp o tramite i social network.
Come si può denunciare?
Ci sono due possibilità:
- Querelare, entro sei mesi dagli agiti dello stalker e attendere l’avvio del procedimento (lo scopo è attivare un procedimento penale contro il colpevole, con le indagini del caso e una causa in tribunale).
- Fare un ammonimento, come una diffida per cercare di porre fine alle molestie (si tratta di una chiara dichiarazione a interrompere ogni tipo di comportamento molesto formalizzato anche dalle autorità).
Nonostante la giustizia provveda a dare sicurezza e di nuovo libertà alla vittima, molto spesso solo questo non basta. Quando si è vittime di stalking le reazioni emotive e i pensieri possono risultare alterate dai vissuti di paura, minacce, intimidazioni, aggressività e ricatti e non sempre si riesce da soli ad andare oltre ai propri vissuti di violenza; diviene indispensabile chiedere aiuto, riconquistare la propria salute mentale, la propria spensieratezza e soprattutto elaborare quanto vissuto per potersi concentrare a piccoli passi sulla ripartenza della propria vita.