DALLE ASPETTATIVE GENITORIALI AI COMPORTAMENTI DEL BAMBINO
Adulti e bambini sono esposti all’influenza esterna e ai giudizi che sono espressi dalle persone intorno a loro. Tuttavia, i bambini, in particolare, sono maggiormente sensibili soprattutto a ciò che gli adulti di riferimento, come i genitori pensano di loro e a ciò che si aspettano da loro. Infatti, le caratteristiche che attribuiamo ai nostri figli, le capacità che gli riconosciamo nonché i difetti che gli addossiamo, influenzano le sue interazioni e trasmettono al bambino ciò che pensiamo di lui.
Nella particolare fascia d’età dai sei ai tredici anni, dove il bambino fa i conti con una realtà nuova: l’ingresso nella scuola e le richieste non più soltanto ludiche ma anche didattiche; le aspettative sia da parte dei genitori sia da parte degli insegnanti plasmano i bambini, contribuendo alla creazione della loro immagine in un senso o nell’ altro.
Avete mai sentito parlare di EFFETTO PIGMALIONE?
Robert Rosenthal alla fine degli anni Settanta è stato il primo a dimostrare quanto fosse facile influenzare il rendimento scolastico soltanto attraverso le aspettative dell’insegnante, definendo questo fenomeno “effetto pigmalione”. Il ricercatore comunicò agli insegnanti l’esito di un test di intelligenza somministrato ai bambini della loro classe, identificando alcuni bambini come più dotati di altri. Alla fine dell’anno, grazie all’aspettativa indotta dall’insegnante, il rendimento dei bambini selezionati era migliorato significativamente. Questo conferma come ciò che comunichiamo ai nostri figli possa condizionarli, guidarli nei pensieri, nelle decisioni e nei comportamenti.
Ma quali sono gli elementi che incidono nella creazione di tale fenomeno sono?
1) la credenza del genitore e/o dell’insegnante
2) le aspettative del genitore e/o dell’insegnante
modificano le sue interazioni con il
bambino.
3) gli stimoli sono frequenti e
continuativi.
Protratti nel tempo, questo trattamento differenziale, genera effetti a lungo termine sul bambino in particolare e sulle sue performance quotidiane e/o scolastiche migliori rispetto ai coetanei.
Se è vero che “l’etichettamento” del bambino come “intelligente e bravo” può donare ottimi esiti è altrettanto vero e meno positivo l’affetto dell’etichetta di carattere negativa “è una piccola peste; è svogliato”. Prendiamo in esempio, un bambino identificato come “pestifero, irrequieto, monello”. Possiamo chiaramente immaginare che i comportamenti problematici del bambino possano essere l’irrequietezza, l’estrema vivacità e magari l’agitazione psicomotoria e come questi, possano determinare difficoltà nei genitori e negli insegnanti nel “contenerlo”. Intuibile, come tali agiti possano mettere a dura prova anche il genitore più paziente, così, quest’ultimo cercherà di gestire i comportamenti del figlio attraverso le modalità ritenute più idonee, ad esempio:
- “bloccando” tutti i comportamenti ritenuti
problematici - Spiegandogli tutto ciò che è giusto e tutto ciò che è sbagliato
- applicando punizioni
L’aspettativa genitoriale negativa, l’idea di aver dato vita ad un figlio incapace, aggressivo e pestifero, può turbare a tal punto il genitore da costringerlo a iniziare il peregrinaggio tra le diverse figure specialistiche alla ricerca di una diagnosi e quindi di una soluzione “magica”. Non di rado, purtroppo, mi capitano genitori che giunti in prima visita, mi esplicitano di “aggiustare il figlio” concedetemi di aggiungere, nemmeno fosse un giocattolo rotto.
Teniamo bene a mente, come gli effetti di questa aspettativa genitoriale negativa, produca nel bambino una vera e propria ansia; si sente “diverso” rispetto ai coetanei, proprio perché sono diverse le attenzioni che riceve.
In questo scenario familiare apocalittico, è necessario intervenire a più livelli:
- bisogna iniziare a de-strutturare la visione negativa del figlio che ha costruito delle aspettative divenute poi, realtà.
- È importante, costruire un nuovo equilibrio familiare che si fondi su percezioni non patogene.
- È importante guidare il genitore verso soluzioni familiari funzionali, interrompendo tutte le tentate strategie che hanno strutturato il problema, invece di risolverlo.
Di seguito, alcune prime strategie per sbloccare il sistema disfunzionale:
- Evitiamo di parlare continuamente dei problemi dei nostri figli, con chiunque: la continua comunicazione delle criticità, ci espone all’interessamento altrui, amplificando il problema. Bisognerà respingere le domande sui problemi del nostro bambino con elegante gentilezza “ti ringrazio molto per il tuo interesse. Va tutto bene, grazie!”
- Evitiamo di etichettare i nostri bambini, poiché come abbiamo visto, l’etichetta condiziona i suoi pensieri e comportamenti, sia in senso positivo sia in senso negativo, dando vita alla “profezia che si autodetermina”.
- Attiviamo una vera protezione flessibile, monitorando le evoluzioni e involuzioni del bambino, ma evitando ogni intervento correttivo, di controllo e/o punizione. Se le punizioni, fossero state la soluzione giusta per risolvere il problema, avrebbero già funzionato. Ostinarsi a replicare tentativi che non producono l’esito desiderato non fa altro che strutturare il problema, invece di risolverlo.