I DISTURBI ALIMENTARI: SECONDA CAUSA DI MORTE
I disturbi alimentari sono la psicopatologia più temuta dalla categoria di chi opera nel settore sanitario. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità essi rappresentano la seconda causa di morte in età giovanile dopo gli incidenti stradali. Parlando di disturbi alimentari si fa riferimento ad una vastità di disordini legati all’alimentazione a partire dall’ anoressia, fino alla bulimia o ai Binge Eating disorder . Chiaramente comprendiamo bene come si abbia davanti una severa malattia che ha origine nella mente ma si manifesta attraverso il corpo. I disturbi alimentari coinvolgono principalmente i giovani, più precisamente le giovani di sesso femminile che appaiono più sensibili a tale patologia, per ragioni estetiche-socioculturali. Diverse, in realtà, sono le cause per cui ci si può ritrovare intrappolati in un vortice mortale. La moda, i comportamenti dei media influenzano sicuramente i costumi sociali, infatti, si parla di criteri estetici che permettono di cambiare le nostre abitudini e stili sociali. Tuttavia, la ricerca delle colpe e dei colpevoli però, non consente di trovare delle soluzioni ma solo di giungere ad una condanna moralistica. Allo stesso tempo quando si accorda di ricorrere a delle cure esclusivamente mediche si commette l’errore di non effettuare una cura totalitaria e quindi di non raggiungere una risoluzione totale di un disturbo che in quanto psicopatologico necessita quindi, di essere affrontato ricorrendo anche ad un esperto della salute mentale. Il mio approccio è di tipo breve strategico che potremmo definire “paradossale” per via dello svolgimento del colloquio e delle prescrizioni che vengono date al paziente. L’enfasi viene naturalmente posta oltre che su un protocollo che vanta validità e attendibilità anche e soprattutto sul ruolo della comunicazione e della relazione terapeutica. Nella mia carriera clinica ho affinato un’elevata capacità di gestione della comunicazione e della relazione che non deve mai essere rigida e direttiva, ma morbida e determinata allo stesso tempo. Come avrete chiaramente compreso un trattamento di disturbi alimentari comporta una risoluzione di problematiche relazionali o di espressioni di disagio personale e interpersonale che in apparenza, ad un occhio meno esperto, potrebbero non apparire collegate a tale disturbo. La persona che vive un disturbo alimentare, infatti, mette in atto delle condotte in linea con la sua dispercezione cognitiva; ad esempio, vedremo come la paziente anoressica avrà delle condotte che la guideranno nella perdita del peso, quali il vomito dopo ogni pasto e l’esercizio fisico nelle prime ore successive all’alimentazione oltre a delle reali restrizioni alimentari. Chiaramente, ciascuna di queste azioni viene svolta al fine di raggiungere un peso inferiore a quello attuale, nonostante oggettivamente il suo corpo sia già magrissimo.
Avere il controllo del proprio corpo e quindi della propria alimentazione, come nel caso dei pazienti anoressici fa riferimento ad uno stile di personalità controllante e quindi ossessiva- compulsiva.
L’alimentazione, come la privazione del sonno o l’eccessiva sonnolenza, o altri fenomeni che originano nella nostra mente, trovano voce attraverso il nostro corpo e non possono essere trattati attraverso una dimensione solamente medica ma meritano la loro dignità, trattandoli attraverso un approccio biopsicosociale.