OSSESSIONI E COMPULSIONI: È DAVVERO POSSIBILE USCIRNE?
“Ero bloccato, la mia vita era in pausa dottoressa. Non controllavo le mie ossessioni, erano loro che mi controllavano. Ora non capisco come sia possibile, ma non riesco più nemmeno ad avere il pensiero. Sembra una vita fa… Sembrano ricordi che non sono miei”.
È stimato che oltre il 5% della popolazione soffre di disturbo ossessivo e compulsivo in forma grave. Il disturbo ossessivo-compulsivo rappresenta l’irrefrenabile compulsione a mettere in atto comportamenti o pensieri in modo ripetitivo e ritualizzato, sovrastando ogni altra attività della persona. Da un bisogno razionale di controllo, intrinseco nell’essere umano, si passa poi, a pensieri e comportamenti totalmente irrazionali. Ad esempio, è totalmente sano controllare con attenzione di aver chiuso il gas prima di andare a dormire, ma risulta insano controllare, ricontrollare per ore e infine, dubitare di averlo controllato ed essere quindi costretti a ricontrollare di nuovo. Come possiamo facilmente comprendere, la logica del disturbo ossessivo-compulsivo è basata su un presupposto corretto che diviene, attraverso la reiterazione esasperata, un vero e proprio calvario, che si basa sul bisogno di sentirsi rassicurati rispetto al proprio pensiero: “ho controllato talmente bene di aver chiuso il gas che sono certa di averlo chiuso e adesso posso andare a dormire”. Potremmo dire che creiamo inconsapevolmente una vera prigione mentale: la lotta contro me stesso e contro questa irrefrenabile voglia di pensare determinate cose o di svolgere determinate azioni diventa via via sempre più violenta.
Ma come creiamo la nostra prigione?
Potremo riassumere alcune motivazioni che attivano azioni e pensieri compulsivi:
• La prima tipologia è rappresentata dal bisogno di ottenere risposte rassicuranti; ad esempio, il dubbio di essere contagiati dalla malattia COVID-19 ha innescato, in molte persone, il bisogno di ricercare risposte rassicuranti per prevenire oppure per rimediare a ciò che è avvenuto.
• La seconda tipologia dalla ripetizione dettata da una superstizione o credenza molto radicata: “meditare tutte le mattine mi assicura la buon riuscita della giornata”.
• La terza tipologia è rappresentata dall’estremizzazione della ragione sino a rendere i pensieri del tutto irrazionali: “se controllo tutte che tutte le finestre di casa siano chiuse, nello stesso ordine e seguendo una procedura allora, certamente mi sentirò di poter uscire in tutta tranquillità”. Queste procedure preventive, se esasperate, rendono la persona bloccata nel tentativo di rassicurarsi cercando di eseguirle sempre nello stesso modo.
• La quarta tipologia è rappresentata da azioni di prevenzione estremizzata: ad esempio, nel caso della madre che non vuole che il bambino giochi a stretto contatto con gli altri bambini per evitare che possano trasmettere infezioni; in questi casi, la prevenzione diventa una mania fobica che impedisce al bambino le normali relazioni sociali da una parte e lo espone a rituali estremi di pulizia dall’altra.
• La quinta tipologia è il frutto del tentativo della persona di “immunizzarsi” da nuove esperienze dolorose, come quelle vissute in precedenza. Ad esempio, in seguito ad un abuso, potrebbe sopraggiungere il bisogno di lavarsi in maniera esasperata, nel tentativo di “lavare via” quanto è avvenuto.
Ciò che queste motivazioni hanno in comune è il fondamento che le genera: “se eseguo il mio rituale come dico io, andrà tutto bene” oppure “non succederà nulla di brutto”; oppure “risolverò il problema”. Nella sua esecuzione, i rituali risultano funzionali in quanto l’ansia e la paura perdono forza. Tuttavia, è dietro a questi rituali preventivi, riparatori e propiziatori che si cela la radice del problema: grazie al rituale e alla momentanea rassicurazione che ne deriva si genera la “conferma” di fare bene o meglio, l’autoinganno di aver fatto bene e la convinzione di non poter evitare di reiterare tali procedure, affinché, tutto vada nel modo migliore. Da un disagio iniziale si genererà un vero e proprio disturbo di tipo ossessivo- compulsivo. Ciò che i miei pazienti descrivono corrisponde ad una guerra con loro stessi “non capisco che senso ha toccare 9 volte la maniglia di ogni porta per essere certa che sia chiusa”; “ogni volta che apro un libro, sento una forza interna che mi costringe ad aprirlo e chiuderlo 12 volte, è un incubo perché in ufficio mi guardano tutti”.
Chiaro e facilmente intuibile è che un funzionamento estremamente razionale, proprio perché esasperato, diviene del tutto irrazionale. L’iniziale indagine sui pensieri e comportamenti della persona è il primo passo verso il processo di cambiamento, in quanto, consente una corretta diagnosi che conduce il professionista ad agire nel modo migliore. Una danza tra procedure di ristrutturazione e tecniche di intervento conducono il professionista verso l’obiettivo finale concordato con il paziente: uscire dalla prigione della mente.
“Per non annegare in acqua è necessario lasciarsi andare, fare il morto; dimenarsi farà sì che si anneghi prima!”