PAURA, OSSESSIONI, ANSIA
“…stavo bene e poi all’improvviso… l’ansia mi ha travolto…”
La paura è una percezione che attiva risposte fisiologiche, quali l’accelerazione del battito cardiaco, della sudorazione e del ritmo respiratorio, che attivano l’organismo affinché risponda alla percezione di pericolo con l’attacco o la fuga. Solo quando queste reazioni si reiterano in maniera continuativa per un tempo prolungato in assenza di uno stimolo pauroso, possiamo parlare di ansia. In tal senso, l’ansia da reazione del tutto naturale e funzionale alla nostra sopravvivenza, diviene una reazione patologica. In talune situazioni la persona potrebbe vivere dei veri attacchi di ansia e addirittura di panico laddove si verifichi un vero tilt psicofisiologico. L’ansia potrebbe essere costante oppure presentarsi all’improvviso, ponendo la persona davanti alla percezione permanente di minaccia. La paura, che ci conduce all’evitamento e al continuo timore della situazione avversa, ma, è solo una delle variabili che possono determinare ansia o attacchi di panico. All’altro estremo, troviamo infatti, un funzionamento controllante- ossessivo che può condurre la persona a percepire la realtà e a reagire ad essa in maniera controllante con preoccupazione ed allarme costanti, e con la ricerca continuativa di manipolare ciascuna situazione in ogni modo possibile. Ma, il meccanismo che si genera è paradossale: si tratta di un controllo che fa perdere il controllo, così mentre cerco di controllare la mia reazione psicofisiologica, non faccio altro che allarmarmi, allertare ancor di più il mio organismo e generare una reazione aumentata. Una persona ansiosa tende a monitorare costantemente l’ambiente intorno a sé alla ricerca di possibili pericoli: la costante preoccupazione dà luogo a delle tentate soluzioni per risolvere il problema; tuttavia, se esse risulteranno disfunzionali invece di risolvere il problema lo struttureranno rendendolo invalidante. Si tratta, ad esempio, del tentativo di evitare ogni situazione che possa porci in una condizione di esposizione al pericolo; della richiesta di chiedere aiuto alle persone intorno a noi o del tentativo di reprimere le mie reazioni. L’ansia è una mano alla gola, è un nodo al petto, è prendere continuamente fiato perché manca l’aria, è sentire il cuore accelerare; può avvenire in qualunque momento della giornata: mentre guardo la tv, mentre sto cucinando o guidando; gli occhi si appannano e la mente si offusca. Ma non è una condizione con la quale siamo destinati a convivere per sempre. Il ripristino dello stato di benessere è possibile.
Devo convivere con l’ansia?
L’ansia è nostra alleata ma solo se ne facciamo buon uso! Ci sta comunicando che non riusciamo più ad “ingoiare il rospo” che stiamo continuando a buttare cose dentro un contenitore già stracolmo. È arrivato il momento di fermarci.
Come posso uscirne?
Forse ti stupirà sentirlo, ma, non sempre la meditazione, l’ascolto di musica rilassante o lo sport bastano. Mi piace accogliere le richieste dei miei pazienti come si fa in sede di pronto soccorso, ovvero dando un immediato rimedio: che nel nostro caso si traduce in strategie valide ed efficaci per imparare a gestire gli stati d’ansia quando si presentano, per poi lavorare sul contenuto del proprio malessere con opportune ristrutturazioni cognitive; affinché, il sintomo (l’ansia) scompaia come naturale conseguenza della scomparsa del malessere.
Dallo psicologo bisogna andare per anni?
Molte persone sono scoraggiate dall’idea che andare dallo psicologo significhi iniziare un percorso che ha un inizio ma non ha mai una fine. La psicologia è una professione sanitaria e come tale ha il solo ed unico obiettivo di promuovere il benessere del paziente e per fare questo non servono anni e in alcune situazioni “lo sblocco” arriva in un paio di mesi. Ai miei pazienti do sempre 10 incontri per confrontarci sui cambiamenti avvenuti e quando abbiamo ottenuto i risultati desiderati, se non sono presenti obiettivi nuovi, il mio intervento è concluso.