SOLITUDINE: LA VIA DIRETTA VERSO LA DEPRESSIONE
“Soffrire di depressione vuol dire non desiderare più nulla, non avere la forza di cambiare. Ci sentiamo soli anche in mezzo agli altri, che spesso non comprendono la nostra sofferenza. Siamo incapaci di amare e nello stesso tempo abbiamo un disperato bisogno di affetto.”
Romano Battaglia
Che cosa significa vivere la solitudine? Che cosa significa convivere con la sensazione di non avere vicino le persone che ami? Cosa prova chi lotta ogni giorno contro sé stesso?
Di recente, il mondo ha vissuto la più grande tragedia sanitaria, economica e sociale della storia. Abbiamo smesso di vedere le bocche sorridere perché sono state coperte dalle mascherine, abbiamo smesso di abbracciare i nostri cari e per diversi mesi siamo stati costretti a cambiare la nostra quotidianità, così, le bollette si accumulavano alla nostra voglia di scappare. Pile di sogni dentro ad un cassetto, in pausa per diversi mesi: qualcuno ha rimandato i festeggiamenti dei propri successi come la laurea, solo nella speranza di poter festeggiare, quando possibile, con altri esseri umani, si, con gli esseri umani che amavano. Qualcun altro ha festeggiato il compleanno in video chiamata e altri hanno continuato a vivere, indifferenti ai cambiamenti che ci sono stati imposti. Ma, una parte della società… quella parte che ogni giorno lotta contro la solitudine, quella parte della società composta da persone che cucinano per uno, che passano il sabato sera sul divano e la domenica davanti alla tv… quelle persone che negli occhi hanno solo il dolore e nella bocca solo piccoli, forzati sorrisi: la parte vera di questa società… che non ha bisogno di mettere storie sui social per fingersi felici, ma che incassa pugni e che quando esplode passa giorni a gridare e a piangere… proprio loro, per un attimo durato un paio di mesi, si sono sentiti meno soli. Gli studenti e i lavoratori fuori sedi, ad esempio, abituati a festeggiare le domeniche da soli, questa volta sentivano in tv quanto fosse doloroso essere lontani da propri cari, è così, finalmente gli è stato riconosciuto il peso del loro dolore e del loro sacrificio. Certo, qualcuno direbbe che loro ci sono abituati, mentre gli altri si sono trovati spiazzati, perché per la prima volta non hanno potuto abbracciare la mamma per mesi. A questi, potremmo rispondere che “Non possiamo aspettarci che un uomo che non ha mai sofferto la sete possa comprendere il valore dell’acqua”.
Diverse persone hanno manifestato quanto fosse consolatorio sapere di non essere stati gli unici a vivere il dolore della solitudine e della tristezza; e forse, potrebbe stupire sentire che per molti, in realtà questa quarantena non aveva dato vita a nessun cambiamento straordinario, molti addirittura hanno espresso “l’imbarazzato” malessere per essere ritornati alla libertà. Potrà sembrare molto egoista e ingiusto ma, come diceva Leopardi, l’unica certezza è il dolore dell’uomo. Egli pone accanto al proprio dolore quello degli altri ed esplicita come solo la solidarietà sia l’unico mezzo di difesa per gli uomini contro la loro stessa debolezza. Quando sperimentiamo di non essere soli, di condividere (vivere con) i nostri dolori, quando percepiamo di valere quanto gli altri, allora, tutto diviene più tollerabile. Chi sperimenta la solitudine è colui che sa di poter contare solo su stesso sia in senso di presenza fisica che mentale. Vive della speranza che le cose possano cambiare, che possa essere soggetto di attenzioni di chi ama e ha aspettative rispetto agli altri: ecco che si illude, si delude e si deprime. La persona che vive uno stato depressivo è una persona che ha fallito la sua illusione. È continuo lo stato di angoscia, la disperazione e l’insoddisfazione nei confronti della vita. È costante la percezione di impotenza, di non avere speranza. Il senso di malessere è incolmabile e deprime la persona sia a livello mentale, riempiendo la sua mente solo di pensieri negativi che a livello fisico, stringendo la pancia in una stretta costante. La persona depressa sperimenta difficoltà nell’addormentarsi e nel concentrarsi, manca di appetito o della capacità di provare qualsiasi tipo di piacere. La rinuncia, il lamento continuo e la delega prevalgono su tutto e diventano strumenti di suicidio quotidiano.
“Tutto è aspro, cupo, orrendo: la disperazione trasforma il giorno in notte d’inferno e costringe a nutrirci di lacrime e di dolore, con un non so che di una voluttà tanto che a malincuore se ne distoglie…”
(Francesco Petrarca -Secretum)